Al consulto accurato
dell’isterica paziente
seguiva un operato
che curava manualmente:
il medico specialista,
come primo assaggio
da cultore anatomista,
le praticava un pelvico massaggio.
Nell’Inghilterra
dell’epoca Vittoriana
non era cosa strana
un medico che il clito afferra
avendo come obiettivo
il parossismo isterico
(orgasmo anticollerico)
a compimento risolutivo.
Psichiatria rudimentale
che sfiancava mani e polsi;
cura ancestrale ed arti bolsi
sancivano il trattamento abituale.
Seguirà il Pulsocon, vibratore
a manovella del dottor Macaura,
che le donne invade e cura
con l’alterezza del conquistatore.
Ma è in Francia, intorno al Settecento,
che il primo vibratore decolla
per dare alle pazienti il godimento:
è il Tremussoir, un vibratore a molla.
E, senza far troppo rumore,
a fine Ottocento ecco il primo strumento
statunitense: il Manipulator, vibratore a vapore
come cura all’isterico tormento.
Poi, nell’America del primo Novecento,
l’ingegno si fa eclettico
creando un gran portento:
il vibratore elettrico.
Arriva il Sessantotto
e nasce il vibratore senza filo:
l’autoerotismo femminile, di botto,
raggiunge il suo punto di arrivo.
Ma volgendo uno sguardo al passato…
riempendo d’api un tubo e queste impazzite,
si narra che Cleopatra ne avesse già abusato
per sfruttar le vibrazioni di queste, inferocite.